Musica e diritto: l’arte riconosce il suo autore

“Dove si crea un’opera, dove si continua un sogno, si pianta un albero, si partorisce un bimbo, là opera la vita e si è aperta una breccia nell’oscurità del tempo.”

Siamo ogni giorno bombardati da strategie di marketing, politiche economiche che hanno posto dei limiti alla nostra libertà di scelta. Abbiamo dimenticato la bellezza della sperimentazione, della scoperta, dell’innovazione, assecondiamo le tendenze, sottovalutando il nostro estro artistico che, talvolta, può dar vita a una “stella danzante”.

La musica è un atto d’amore che nasce dalle dita di un artista che tra note, accordi e, talvolta, parole compone il suo brano. L’artista deve essere tutelato nella sua composizione, affinché in quella melodia, egli possa essere riconosciuto e possa decidere liberamente come e a chi indirizzarla. Ci sono musiche intramontabili, brani mai destinati all’oblio che, tuttora, rimbombano nelle casse o negli auricolari delle ultime generazioni. La musica è un gioco di note, che tratteggiano e accompagnano la storia nel suo divenire ed è giusto e necessario che l’autore venga riconosciuto nella sua arte.

All’inizio del  Settecento – durante la Rivoluzione industriale – nacque il copyright dall’ordinamento giuridico inglese per poi essere esportato negli altri Paesi di common law.  Alla fine dello stesso secolo – durante un’altra Rivoluzione, quella francese –  fu formalizzato, all’interno delle prime leggi repubblicane, il diritto d’autore, il quale raggiunse da lì buona parte dei paesi dell’Europa continentale. Seppur frutto di due modelli giuridici differenti, a causa di una globalizzazione del mercato delle produzioni intellettuali, il diritto d’autore diviene una mera traduzione di copyright.

Cos’è il diritto d’autore? 

Il diritto d’autore è un istituto giuridico che tutela l’attività intellettuale e riconosce dei diritti all’autore originario dell’opera. In Italia è rubricato nel Codice civile dall’art. 2575 all’art. 2583 e nell’apposita legge 633/1941. L’opera dell’ingegno è legata a colui che l’ha creata da un vincolo indissolubile e la paternità dell’opera non può essere oggetto di compravendita, perché il diritto alla paternità è inalienabile. L’art. 6 della Legge 633/1941, infatti, cita “il titolo originario dell’acquisto del diritto d’autore è costituito dalla creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale”. I diritti che ne scaturiscono sono diritti di utilizzazione economica (artt. 12-19 l.633/1941), il diritto di pubblicare, trascrivere, tradurre, riprodurre, eseguire, modificare, noleggiare, dare in prestito l’opera.

Il diritto d’autore, rispetto al copyright, prevede i diritti morali, oltre ai diritti di sfruttamento economico. L’autore, infatti, può impedire che la propria opera sia utilizzata per fatti contrari alla propria personalità. I diritti morali sono inalienabili e inestinguibili, e ad essi si aggiunge anche il diritto di ritiro dell’opera dal commercio per gravi ragioni morali. I diritti di utilizzazione economica, invece, durano in Italia 70 anni solari dalla morte dell’autore (o degli autori), indi per cui, affinché l’opera diventi di dominio pubblico, bisognerà attendere il 71° anno.  

Comporre musica richiede studio, tempo, abnegazione, impegno e concentrazione come qualsiasi lavoro e, oltre alle esibizioni in luoghi pubblici (i concerti), è giusto che l’autore produca reddito ogni qualvolta la sua musica venga riprodotta su una piattaforma (Radio, Spotify, TV).

Il mondo della musica è purtroppo troppo spesso testimone di attentati al diritto d’autore causati da fenomeni di plagio, una contaminazione spinta oltre la legittimità.  Il plagio è una forma di contraffazione, nella quale è riprodotta abusivamente un’opera altrui con appropriazione di paternità. Non vi sono dei parametri standard per poter stabilire oggettivamente il plagio, ma la giurisprudenza italiana si è limitata a considerare che la parziale assonanza musicale tra due brani non è ritenuta tale. La discrezionalità, quindi, è nelle mani del giudice, il quale redigerà la sentenza sulla base delle perizie svolte da un consulente tecnico.

Un’opera musicale può avere la pervasività di qualsiasi rapporto umano, di qualsiasi evento o di qualsiasi esperienza in un essere umano.

La musica è la vita, è la parentesi temporale di una persona tradotta in suoni e, talvolta, è anche la privilegiata compagna in momenti di solitudine. È il sottofondo della nostra esistenza, la chiave che trafuga la nostra interiorità, lo strumento di cui ci avvaliamo per esprimerci. Se non ne siamo noi gli autori, dobbiamo sapere a chi essere grati per questo dono e tutelarla come tutte le cose belle con cui instauriamo un legame. 

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